Lo stesso non si può dire per gli Stati Uniti, che ancora una volta dimostrano un trend crescente delle Drugs Ads attraverso il mezzo televisivo.
La stretta regolamentazione in ambito pubblicitario fa del pharma un settore particolarmente complesso, restrittivo (dal punto di vista del marketer) in termini di creatività e persuasività dei messaggi che vengono indirizzati al consumatore. L'unica eccezione al mondo è rappresentata dalla Nuova Zelanda e dagli Stati Uniti.
Il 2017, nel Paese a stelle e strisce, si è concluso, con cifre esorbitanti investite dalle case farmaceutiche nella pubblicità veicolata attraverso il mezzo televisivo, riconfermando per il 2018 un trend ancora in crescita.
Dai 153 milioni di dollari investiti nel mese di dicembre, si passa ai 183 milioni di dollari investiti nel mese di gennaio 2018. La classifica dei Top Investors delle case farmaceutiche in America conferma:
In totale contrapposizione, la regolamentazione italiana prevede che le attività di comunicazione e informazione sui prodotti farmaceutici rispettino vincoli precisi.
Gli unici farmaci da poter promuovere sono infatti gli OTC, i cosiddetti farmaci da banco, acquistabili dai consumatori senza prescrizione medica.
Si tratta comunque di messaggi strettamente vincolati, dal momento che necessitano di una chiara e evidente segnalazione della natura dei prodotti (che si tratta, cioè, di medicinali).
Nel messaggio devono essere esplicitati la denominazione del medicinale e quella del principio attivo, oltre che le indicazioni necessarie per un uso corretto e l’invito a leggere correttamente il foglietto illustrativo.
Tutti gli altri medicinali possono essere pubblicizzati (sempre nel rispetto delle norme vigenti e previa approvazione dei messaggi da parte delle autorità competenti) su riviste specializzate per professionisti del settore.
All'interno di questa categoria di prodotti si distinguono ulteriormente:
La condizione italiana: una tutela del consumatore, o una sottovalutazione della sua autonomia di decisione?
E quella americana: superficialità delle autorità, o libertà di espressione?