AbbVie lancia la campagna di sensibilizzazione sull’artrite reumatoide "Parla più forte della tua AR", un’iniziativa globale che si pone l’obiettivo di migliorare la conoscenza del concetto di remissione. L’artrite reumatoide è una patologia infiammatoria cronica autoimmune che attacca i tessuti articolari di una persona il cui sistema immunitario, invece di proteggere l’organismo dagli agenti esterni come virus e batteri, si attiva in maniera anomala contro di esso. Sin dagli esordi, la malattia si manifesta in maniera subdola, variabile, graduale o acuta, presentando dolore e tumefazione inizialmente alle articolazioni di mani e piedi, associati a rigidità al risveglio. Con il tempo, l’infiammazione può coinvolgere potenzialmente ogni distretto dell’organismo (come polmoni, reni, cuore, sistema nervoso, vasi sanguigni, occhi) divenendo sistemica.
In Italia, l’artrite reumatoide colpisce circa 300mila persone e, ogni anno, si registrano circa 5.000 nuovi casi (4-13 ogni 100.000 uomini e 13-36 ogni 100.000 donne). La malattia può manifestarsi a qualsiasi età, più comunemente tra i 40 e i 70 anni, sebbene il picco di comparsa dei primi sintomi avvenga tra i 35 e i 45 anni . L’artrite reumatoide, pur non essendo ancora curabile, è oggi una malattia potenzialmente gestibile, anche se ancora troppo spesso la diagnosi viene sottovalutata, fino alla comparsa delle lesioni più gravi. Una diagnosi tempestiva è, invece, fondamentale per contrastare la progressione della patologia, consentendo, in un’elevata percentuale di casi, la remissione clinica, che significa controllo efficace della malattia e riduzione o scomparsa dei sintomi.
Per sensibilizzare i pazienti sull’importanza della remissione dell’artrite reumatoide, migliorando la qualità di vita di chi ne è affetto, è nata la campagna “Parla più forte della tua AR” promossa da AbbVie, con il patrocinio di ANMAR (Associazione Nazionale Malati Reumatici Onlus). L’iniziativa, declinazione italiana della campagna globale “TALK OVER RA”, ha l’obiettivo di promuovere la collaborazione e il dialogo proattivo tra il paziente e lo specialista reumatologo, per vincere blocchi e resistenze personali che possono influire sul rapporto con il curante, ma anche per la condivisione della più opportuna strategia di cura che deve essere, però, stabilita con tempestività e vissuta e monitorata con consapevolezza per raggiungere gli obiettivi di trattamento.
“Con questa iniziativa di informazione consolidiamo il nostro impegno in reumatologia a favore delle persone con artrite reumatoide – dichiara Fabrizio Greco, Amministratore Delegato di AbbVie Italia –. La nostra esperienza in immunologia ci consente di sviluppare le terapie più innovative per il trattamento di queste patologie. Ogni giorno rinnoviamo il nostro impegno al fianco dei pazienti e della comunità scientifica con l’obiettivo comune di fornire il miglior supporto possibile durante tutte le fasi della malattia, soprattutto in questo momento particolarmente complesso a causa dell’emergenza Covid-19”.
La remissione clinica dell’artrite reumatoide è un traguardo possibile, come spiega il Prof. Luigi Sinigaglia Past President Società Italiana di Reumatologia (SIR): “si tratta di una patologia che può essere curata e tenuta sotto controllo, e ora persino fermata prima che porti alla progressiva perdita di funzioni fondamentali che comportano, negli anni, l’invalidità dei pazienti. Noi specialisti reumatologi abbiamo a disposizione cure efficaci, messe a punto negli ultimi 15-20 anni, che possono consentire, in un’elevata percentuale di casi, la remissione completa dell’artrite reumatoide, che significa permettere al paziente di fare una vita normale. Il problema resta, però, la diagnosi precoce che, nel nostro Paese, può avvenire anche uno o due anni dopo la comparsa dei primi sintomi. Oggi riusciamo a raggiungere la remissione nel 50-60% dei pazienti se la malattia viene diagnosticata tempestivamente, ovvero entro un anno dalla comparsa dei primi sintomi. Sfruttando la cosiddetta “finestra di opportunità”, quella fase cioè che intercorre tra l'esordio della patologia e l'instaurarsi di danni irreversibili, in cui è fondamentale esordire con il corretto trattamento farmacologico per garantire maggiori possibilità di remissione e migliori risultati clinici. Nei pazienti che non vengono trattati entro 2 anni dai primi sintomi i tassi di remissione si riducono, invece, tra il 10% e il 33%. Oltre all’inizio precoce del trattamento, è necessario uno stretto monitoraggio del paziente, con frequenti visite specialistiche, al fine di “misurare” il grado della risposta alla terapia. Attualmente, a fronte dell’ondata che ha investito gli ospedali legata all’emergenza Sars COVID-19, molti pazienti hanno visto rinviare esami di controllo e visite con gli specialisti . L’artrite reumatoide, però, non si ferma a causa del Coronavirus e ci sono prestazioni e terapie che non possono essere considerate differibili, con l’inevitabile effetto di un peggioramento del quadro clinico che, oltre a compromettere la possibilità di regressione, provoca anche un incremento dei costi sanitari e sociali”.
“L’artrite reumatoide, se non opportunamente trattata, può diventare una malattia che impatta negativamente sulla vita dei pazienti, oltre che fortemente invalidante – precisa Silvia Tonolo, Presidente ANMAR –. Per le ripercussioni sulla sfera personale e di relazione, un paziente su due ritiene addirittura di sentirsi escluso dalla società. C’è quindi un gran bisogno di un corretto percorso diagnostico terapeutico per questi pazienti che si basi su diagnosi precoce e tempestiva, presa in carico e appropriatezza terapeutica, tre asset fondamentali per garantire la remissione dalla malattia che dev’essere un obiettivo, non una speranza. Sappiamo che remissione non significa guarigione e che il mantenimento della stessa è subordinato alla continuità terapeutica e all’aderenza alle cure, ma – da pazienti – sappiamo altrettanto bene che, quando i sintomi della patologia non interferiscono con la possibilità di vivere una vita attiva e normale, l’effetto è positivo sia da un punto di vista fisico, che psicologico. Ecco perché noi pazienti, insieme al nostro reumatologo dobbiamo prenderci cura ogni giorno di noi stessi. Perché, per dirla con una metafora che mi sta molto a cuore – siamo noi i giardinieri del nostro giardino”.
Il traguardo della remissione è condizionato da una stretta collaborazione fra paziente e medico, volto a condividere il percorso di cura. A questo proposito, il Prof. Roberto Gerli, Presidente Società Italiana di Reumatologia (SIR) ha sottolineato che le linee guida nazionali e internazionali sul trattamento dell’artrite reumatoide hanno cominciato a nominare la remissione solo negli ultimi anni, solo cioè da quando si sono resi disponibili farmaci di efficacia tale da poterla raggiungere. “La prognosi della malattia è decisamente migliorata a partire dagli anni '80 – precisa il Prof. Gerli – ma enormi progressi sono stati fatti negli ultimi 20 anni. Siamo passati dal sollievo sintomatico al rallentamento, o alla prevenzione, di ulteriori danni radiologici, fino alla possibilità di ottenere la remissione. Oggi, l’innovazione terapeutica continua a fornire opzioni in grado di cambiare l’evoluzione dell’artrite reumatoide. Parliamo di nuovi farmaci biotecnologici e JAK inibitori, molto efficaci e ben tollerati, che saranno sempre più in prima linea per il trattamento precoce di questa patologia volto a raggiungere l’obiettivo della remissione clinica. Oltre ad un armamentario terapeutico sempre più ricco, noi clinici abbiamo anche a disposizione strumenti diagnostici multidisciplinari e molto sofisticati, dalle tecniche di imaging ai test di laboratorio, per mettere a punto terapie sempre più precoci e tailor-made”.
La campagna
“PARLA PIÙ FORTE DELLA TUA AR” è un’iniziativa promossa da AbbVie – con il patrocinio di ANMAR (Associazione Nazionale Malati Reumatici Onlus) e SIR (Società Italiana di Reumatologia) – nell’ambito della campagna internazionale “TALK OVER RA”. Principale strumento della campagna è il sito http://www.missioneremissione.it in cui i pazienti possono trovare informazioni su cosa sia possibile ottenere quando si «parla a voce alta» della propria condizione, oltre a strumenti pratici come una guida che li aiuterà a raccontare la propria malattia, a discuterne con il reumatologo condividendo la propria esperienza quotidiana.