La migliore capacità oggi non è prevedere, sapere anticipare gli eventi o prevedere gli effetti. Ora è necessario imparare ad agire in modo diverso.
Agire nella complessità.
Temo che torneremo su questo tema ancora, ma partendo dalle riflessioni di Edgar Morin, la complessità è stata affrontata nella scienza con modellizzazioni che ne affrontano le singole parti, in fondo “provando a semplificare e poi riaggregare”, trovando soluzioni e poi ricomponendo. Questo purtroppo si è infranto contro la fisica quantistica ed ogni scienza contemporanea. Per provare a definire la complessità dobbiamo cercare di classificare (vedete che procediamo per schemi?) i problemi e gli ambienti. Iniziamo a dividere i sistemi in:
ordinati e non ordinati. Sono ordinati i sistemi in cui le relazioni e le azioni causa-effetto sono stabili e lineari. Al contrario sono non ordinati i sistemi in cui queste sono non lineari ed instabili.
Nei sistemi ordinati possono essere distinti ambiti e sistemi semplici o complicati. In entrambi i casi il problema può essere risolto con un processo governabile in cui la precisione dell’esecuzione, l’affidabilità delle misure, permettono di giungere ad una conclusione ripetibile, che sia semplice o complicata per l’appunto. Una semplice ricetta per fare i biscotti o il montaggio di un orologio sono riconducibili a sistemi ordinati: richiedono alte competenze e accuratezza, ma alla fine il processo è di per sé lineare. Un corretto progetto ed una corretta esecuzione portano al risultato aspettato e riproducibile. In questo ambito esistono le
best practices, l’esperienza degli anziani: possiamo anche permetterci di dire che si è sempre fatto così in questi ambiti, in quanto esperienza e iterazione hanno portato alla costruzione di un algoritmo rodato di cui si conosce inizio, attività, risorse, tempo, e conclusione.
Aimè,
i sistemi non ordinati possono essere caotici o complessi.
I sistemi caotici sono instabili, non lineari ed imprevedibili, le relazioni tra gli elementi sono ignote e non è possibile definire gli elementi causali, anche a posteriori. Inutile provare a governarli.
I sistemi complessi non sono stabili o lineari, ma le parti sono interconnesse in relazioni causali interdipendenti. In questo caso non è possibile a priori definire i processi e le conseguenze delle azioni, in quanto ogni azione ha relazione con altre cause. In questo ultimo caso pur avendo dei dati a disposizione, questi non sono in grado di definire quali sono le azioni da svolgere per raggiungere con certezza l’obiettivo.
A parte la schematizzazione, è evidente che nei sistemi ordinati l’analisi e l’implementazione hanno un obiettivo finale noto e tutto il processo è un algoritmo per raggiungerlo, come nel caso del montaggio di un orologio. Nei sistemi ordinati è giusto ragionare sull’obiettivo e definire piani e sulla loro puntuale esecuzione. Nel caso di sistemi complessi a guidarci è la condizione di partenza, sui cui si procede con l’azione, l’apprendimento e l’adattamento continui, la rivalutazione della condizione iniziale e l’azione conseguente.
Nei sistemi ordinati ogni problema esaminato a fondo offre migliori motivi di comprensione e quindi di definizione del piano d’azione: in seguito i parametri monitorati e l’azione correttamente eseguita potranno garantirci il successo. Nei sistemi non ordinati è vano e controproducente attenersi al piano iniziale, in quanto i parametri si modificheranno di continuo e l’evoluzione non è necessariamente quella attesa e non è lineare.
Fatta questa lunga e dotta dissertazione, resta il fatto che
il mondo farmaceutico è semplicemente passato da ordinato a non ordinato e da complicato a complesso.