Progetto senza titolo (14)-3Come tutti abbiamo potuto notare non è solo l’imprevedibilità degli eventi (COVID-19, Guerre e chissà cos'altro), piuttosto quanto siano l'interdipendenza e l'interconnessione immediate tra gli ambienti, territori, popoli e mercati a generare maggiori rischi ed a farli espandere.

Il network globale, previsto fin dai primi movimenti nati a Seattle, fa sì che ogni possibile cambiamento, anche potenzialmente prevedibile, provochi effetti su scala planetaria. Come una micidiale onda d’urto che trova: nella velocità di trasmissione, nella dematerializzazione, nei trasporti, nelle reti il modo di trasferirsi ed accrescere il proprio effetto.

 

La migliore capacità oggi non è prevedere, sapere anticipare gli eventi o prevedere gli effetti. Ora è necessario imparare ad agire in modo diverso. Agire nella complessità.

Temo che torneremo su questo tema ancora, ma partendo dalle riflessioni di Edgar Morin, la complessità è stata affrontata nella scienza con modellizzazioni che ne affrontano le singole parti, in fondo “provando a semplificare e poi riaggregare”, trovando soluzioni e poi ricomponendo. Questo purtroppo si è infranto contro la fisica quantistica ed ogni scienza contemporanea. Per provare a definire la complessità dobbiamo cercare di classificare (vedete che procediamo per schemi?) i problemi e gli ambienti. Iniziamo a dividere i sistemi in: ordinati e non ordinati. Sono ordinati i sistemi in cui le relazioni e le azioni causa-effetto sono stabili e lineari. Al contrario sono non ordinati i sistemi in cui queste sono non lineari ed instabili.

Nei sistemi ordinati possono essere distinti ambiti e sistemi semplici o complicati. In entrambi i casi il problema può essere risolto con un processo governabile in cui la precisione dell’esecuzione, l’affidabilità delle misure, permettono di giungere ad una conclusione ripetibile, che sia semplice o complicata per l’appunto. Una semplice ricetta per fare i biscotti o il montaggio di un orologio sono riconducibili a sistemi ordinati: richiedono alte competenze e accuratezza, ma alla fine il processo è di per sé lineare. Un corretto progetto ed una corretta esecuzione portano al risultato aspettato e riproducibile. In questo ambito esistono le best practices, l’esperienza degli anziani: possiamo anche permetterci di dire che si è sempre fatto così in questi ambiti, in quanto esperienza e iterazione hanno portato alla costruzione di un algoritmo rodato di cui si conosce inizio, attività, risorse, tempo, e conclusione.

Aimè, i sistemi non ordinati possono essere caotici o complessi. I sistemi caotici sono instabili, non lineari ed imprevedibili, le relazioni tra gli elementi sono ignote e non è possibile definire gli elementi causali, anche a posteriori. Inutile provare a governarli. I sistemi complessi non sono stabili o lineari, ma le parti sono interconnesse in relazioni causali interdipendenti. In questo caso non è possibile a priori definire i processi e le conseguenze delle azioni, in quanto ogni azione ha relazione con altre cause. In questo ultimo caso pur avendo dei dati a disposizione, questi non sono in grado di definire quali sono le azioni da svolgere per raggiungere con certezza l’obiettivo.

A parte la schematizzazione, è evidente che nei sistemi ordinati l’analisi e l’implementazione hanno un obiettivo finale noto e tutto il processo è un algoritmo per raggiungerlo, come nel caso del montaggio di un orologio. Nei sistemi ordinati è giusto ragionare sull’obiettivo e definire piani e sulla loro puntuale esecuzione. Nel caso di sistemi complessi a guidarci è la condizione di partenza, sui cui si procede con l’azione, l’apprendimento e l’adattamento continui, la rivalutazione della condizione iniziale e l’azione conseguente.

Nei sistemi ordinati ogni problema esaminato a fondo offre migliori motivi di comprensione e quindi di definizione del piano d’azione: in seguito i parametri monitorati e l’azione correttamente eseguita potranno garantirci il successo. Nei sistemi non ordinati è vano e controproducente attenersi al piano iniziale, in quanto i parametri si modificheranno di continuo e l’evoluzione non è necessariamente quella attesa e non è lineare.
Fatta questa lunga e dotta dissertazione, resta il fatto che il mondo farmaceutico è semplicemente passato da ordinato a non ordinato e da complicato a complesso.
Insomma siamo passati dal valore dell’esperienza all’importanza dell’adattamento; dalla elaborazione di validi piani previsionali a revisioni continue basate sull’osservazione empirica; dall’attenzione all’esecuzione a quella della comprensione dello scenario; dalla qualità delle analisi periodica dei dati alle misurazioni qualitative.

Il mondo farmaceutico è cambiato: il medico ora riceve in modo remoto o virtuale una quantità di aggiornamenti ed informazioni medico scientifiche analoghe a quelle frontali. La quantità di tempo che dedica della propria attenzione alle forme NPP (Non Personal Promotion) ha raggiunto la quota di quella dedicata alle attività frontali. I modelli Multichannel hanno quindi una assoluta necessità di esser adoperati in ogni contesto, dal prodotto maturo a quelli in lancio, dal prodotto ad uso ospedaliero al retail in farmacia, dal farmaco in classe A all’integratore.

Le ricette che hanno funzionato perderanno nel tempo efficacia, perché l’attenzione del medico si sta spostando e la interconnessione degli attori del settore è in aumento. Due forze che semplicemente spingono da complicato a complesso. Da complicato a complesso. Quindi i passaggi di casualità ordinati - anche multipli - si perdono in interconnessioni e retroazioni in cui è più importante leggere, interpretare e reagire rapidamente che pianificare, ordinare, e ripetere.

La risposta che le aziende potrebbero essere tentate di attuare di fronte alla complessità è ricreare complessità all’interno: la soluzione è invece la comprensione dei nuovi scenari che si vengono a creare e continuo adattamento. Il mondo è diventato multi-verso, multi-canale, multi-network: noi agiamo di conseguenza.
 

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