Questa domanda potrebbe sembrare bizzarra, ma invece nasce da una acuta riflessione di un global leader McKinsey, Kevin Sneader, durante una discussione su nuove idee e modelli che stanno ridisegnando i vari settori dopo il Covid.
A parte le preferenze personali e le abitudini stagionali, alcuni lavoratori fanno lavori manuali o faticosi o che richiedono di trascorrere molto tempo in piedi e tornano a casa sporchi e sudati; altri invece, che fanno un lavoro prevalentemente d’ufficio, hanno bisogno di curare la propria immagine. Questo, secondo Sneader, distingue i lavoratori in due categorie: i primi – che sono peraltro la maggioranza – quelli che fanno la doccia dopo essere stati al lavoro, subiranno un impatto inferiore dalla digital trasformation ed il loro modello di lavoro sarà soggetto a modifiche marginali; i secondi, invece, potranno lavorare da casa, ed il loro intero panorama lavorativo e le loro prospettive future saranno profondamente modificate a causa di una maggiore adesione alle nuove tecnologie.
È ovvio che chi lavora in uno stabilimento come operaio vivrà un impatto lavorativo diverso rispetto agli impiegati dei relativi uffici. Solo il 25% circa dei lavoratori può svolgere il proprio lavoro senza essere in loco. Questo è un gruppo che fa la doccia prima del lavoro. Non possiamo dimenticare che la maggior parte delle persone fa la doccia dopo il lavoro, quindi c'è il rischio di un divario crescente tra questi due gruppi, fa notare Kevin Sneader.
A questo punto, scherzosamente, ho fatto un piccolo sondaggio tra gli informatori con cui sono in contatto e sembrerebbe che l’abitudine sia equamente divisa tra chi fa la doccia la mattina e chi la sera. Questione di abitudini o stile lavorativo durante la giornata, dipende dalla stagione o dallo stile dell’approccio con i medici? A questo punto la vera domanda è: quanta parte del lavoro dell’informatore è fisico (dovuto alla effettiva attività di incontri con il medico presso i relativi studi) o è intellettuale (ovvero relazione, trasferimento di informazioni)?
L’argomento non è banale, in quanto va a fondo sul tema del presente e del futuro dell’ISF e la doccia è solo un’occasione - simpatica - per poterci focalizzare su questo dilemma.
Se stiamo chiedendo loro di “diventare ibridi”, definizione che trovo personalmente fastidiosa per indicare una modalità di contatto e relazione con il medico congiunta tra frontale e remota, allora dobbiamo dire loro di cambiare come loro stessi si vedono in relazione al lavoro. Chi ha sempre appreso dai propri capi che la media visite è importante e che il rispetto della sequenza del visual aid ci permette di ottenere buoni risultati, sarà scettico o ostico ad una trasformazione del proprio stile lavorativo.
Ho avuto modo di moderare una tavola rotonda nell’ambito di un evento organizzato da Bhave sul tema della trasformazione del ruolo dell’informatore scientifico del farmaco. https://bhave.it/bhave_summit/
Ovviamente è un tema complesso, che riguarda molti aspetti della relazione del medico con l’informatore e in generale tra l’azienda ed il medico. Non ribadiamo le banalità che già sappiamo: che il paziente è al centro, che i tempi sono cambiati, che il COVID ha accelerato i processi digitali, che il medico si è abituato a parlare con il paziente con WhatsApp, che c’è la ricetta elettronica, che gli informatori devono fare un salto formativo e culturale, che le piattaforme tecnologiche possono diventare chiave del successo, e altre ovvietà via discorrendo.
Andiamo su qualche criticità da definire:
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se usiamo maggiormente i canali digitali, e queste azioni partono dalla sede, il ruolo dell’informatore diventa nel tempo sempre più laterale;
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se il digitale è guidato dall’ISF sul territorio, allora questo deve essere in grado di guidare un processo di contenuto giusto/medico giusto/canale giusto basato su informazioni acquisite dal territorio e quindi deve avere competenza e tecnologie per poterlo fare adeguatamente e validamente. Ovviamente oltre la mail post-visita;
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se l’informatore deve essere il gestore primario del territorio, deve essere in grado di agire come tale quindi definire lui stesso, sulla base delle informazioni sul suo tablet, quale medico visitare, quale contenuto adoperare nell’ambito della promozione del key message, attraverso quale canale;
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per poter svolgere la propria funzione di relazione bilaterale e paritaria con il medico occorre che l’informatore sia in grado di acquisire informazioni sull’interesse e comportamento del medico e quindi in autonomia fare le domande giuste, registrare le domande in modo corretto e saperle analizzare;
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visto che il modo è diventato rete, possiamo dare per assodato anche questo, l’ISF non parlerà solo con il medico ma con altri attori del territorio quali cooperative di medici, strutture ospedaliere, relatori, opinon leader, farmacisti, e quindi deve essere in grado di gestire inter-relazioni su diversi piani verticali e orizzontali;
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gestire la quantità di pressione informativa per medico e per zona, non basandosi sui dati di vendita del territorio come ha fatto sin ora, ma sulla base delle potenzialità dei singoli medici della zona (oltre le proprie impressioni ed amicizie);
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orchestrare i processi con i colleghi e con la sede in accordo con gli obiettivi aziendali;
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...dare conto all’area manager.
Questo ISF è un genio ed ha fatto un salto di competenze e di tecnologie che al momento non mi pare siano così diffuse, ecco.
E allora qui sembra proprio che, mentre McKinsey ha ragione in linea generale, in questo caso gli informatori, che pure hanno un lavoro prevalentemente fisico, saranno sottoposti ad una trasformazione culturale fortissima:
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per le aziende più “tradizionali” con l’aggiornamento professionale e utilizzo dei nuovi mezzi di comunicazione;
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per le aziende che hanno avviato un processo di trasformativo nel 2020 e intendono perseguirlo con una evoluzione tecnologica che consente all’ISF di raccogliere informazioni e gestire per il proprio portafoglio prodotti il contenuto adatto per ogni medico.
Al momento gli aspetti chiave sono:
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appare inappropriato un processo che vede l’informatore diventare ibrido chiamando a telefono, scrivendo mail, gestendo WA, Telegram, Viber, SMS, e fare le visite tutto insieme;
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l’ISF dovrebbe mirare a essere in grado di agire di volta in volta in risposta alle sollecitazioni del medico, relazionandosi sullo stesso canale, sollecitando il medico sempre alla visita frontale;
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l’utilizzo di progetti e campagne digitale non può vedere l’ISF come il direttore d’orchestra, ma consapevole, aggiornato e partecipe attore tra gli attori.
In sintesi: la gestione dei progetti diventa meno azienda-centrica nella definizione e meno autonoma per l’ISF nella esecuzione, ma la sfida è il coordinamento a tutti i livelli. Qualunque sia il modello multichannel che volete adoperare e indipendentemente dal prodotto e dal ciclo di vista dello stesso.
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