Il marketing discutibile
“Il marketing è morto in quanto sono esaurite le due condizioni che lo nutrivano: primo, che le persone non potessero parlare facilmente e direttamente tra loro, secondo, che il canale di trasmissione fosse concentrato, semplice e direttamente controllabile”. Questo è quanto afferma Gianluca Diegoli nel suo gustosissimo manualetto di [mini]marketing dal titolo “91 discutibili tesi per un marketing diverso”. Diegoli in qualche modo lancia una sorta di monito alle aziende e al tempo stesso traccia un punto della situazione molto chiaro e lucido circa lo stato attuale del marketing e delle sue leve.
Proviamo a discuterne la prima. E’ indubbio che, fino a qualche tempo fa, il canale di comunicazione con il consumatore fosse concentrato, semplice e direttamente controllabile. Infatti, con uno spot, trasmesso all’ora giusta e sulle tre reti televisive, si era certi di raggiungere la quasi totalità del mercato. Quindi si realizzava lo spot, si caricava la distribuzione ed il prodotto si vendeva da “solo”. Questo, mutatis mutandis, era quanto avveniva nel farmaceutico. Dalla casa madre giungeva un prodotto,o di ricerca o di licensing, talvolta su target nuovi e non visitati, il budget ed il posizionamento. Il lavoro del marketing era quindi quello di suddividere la spesa in field e supporto allo stesso, caricare la distribuzione e analizzare i dati Ims. Progettare, per il marketing molto tradizionale era individuare le aree di supporto alla rete con azioni sui KOL, congressi, gardget.
Il costo del canale della field force e la difficoltà di raggiungere il target ha segnato la differenza nel marketing attuale. Oggi anche disponendo di una nuova linea di prodotti, nessun manager potrebbe più operare in tal modo: non ci sono budget sufficienti e soprattutto non vi sono previsioni di ricavi tali da garantire sufficienti ritorni. Nello scenario attuale è chiaro quindi che è possibile gestire un prodotto maturo, o in fase di lancio, o supportare una specialità già promozionata, solo con un giusto marketing mix che includa tutti i possibili strumenti disponibili nella propria “cassetta degli attrezzi”.
Come spesso accade, alcuni analisti sbagliano previsioni, quando si fanno strada nuove tecnologie: c’è chi aveva previsto la scomparsa della carta quando è cominciata la rivoluzione del PC (oggi si consuma più carta di prima) e l’abbandono delle email quando è iniziato facebook (famosa l'errata previsione del NYT). Allo stesso modo, sia per semplicità, sia per profitto, oggi sembrano essere presenti due filoni di pensiero: chi ritiene che nulla si possa lanciare o supportare senza una field force massiccia e chi ritiene che oggi non occorra più alcun isf.
Dall’esperienza che stiamo vivendo appare invece evidente la poco originale analisi, che per un mondo più complesso, per mercati più complessi, occorre un mix di strumenti, che bisogna saper maneggiare.
In occasione del lancio di un nuovo prodotto, una multinazionale che ha adottato severo modello di misura, ha progettato con noi un piano articolato, che ha visto in campo una rete di isf in CSO (contract selling organization) con una copertura contenuta (meno di un quarto del target), la quota restante è stata visitata con phone-detaling. I contenuti dell' e-detailing erano sia contenuti promozionali che scientifici con report congressi e fad.
Ad entrambi le reti (quella frontale e quella remota) è stato dato un progetto di e-detailing, che aveva anche una sua invitation autonoma.
Con circa un terzo del budget necessario alla copertura integrale con rete di isf frontale, si è potuto visitare il 75% del target con una media di 6 visite l’anno oltre ad una quota di FTE effettuata via e-detailing.
Il successo è quindi venuto dall’integrazione proprio dei canali che Diegoli opportunamente segnalava come incontrollabili. È vero quindi che oggi i canali sono più complessi ma da questo nascono nuove opportunità di marketing.
Il marketing non è morto, è anzi più vivo che mai, se si rinnova.